Canzoni popolari, raccolte e trascritte in poesia e musica dal Maestro Francesco Balilla Pratella. Canzoni in coro a tre o quattro voci che riportano l’assolo all’inizio e a metà dello svolgimento.
Io son nata verginella
“Le voci sono un inno festoso volto ai rosei misteri dell’aurora che si affaccia ai balconi d’oriente ed agli immensi focolari di tramonto in cui tra le corolle di fiamma si spegne il giorno. Alle soglie dell’infinito, sul mare, sul cammino azzurro offerto all’unanimità per salire a confondersi col cielo.”
( Il Canzoniere dei Canterini Romagnoli – terza edizione – A cura de “La Piè” 1960)
Raccolta e trascritta da Francesco Balilla Pratella
Noi andrem sulla riva del mar…
“Dai broli fioriti passiamo agli arenili dove l’onda si allunga pigramente e quasi voluttuosamente. Le onde hanno ognuna una cresta lanosa e tutto il gregge è condotto al pascolo sui prati verdazzurri dal vincastro della pastorella. E’ un coro di oceanine che trascorre sulla riva del mare.”
( Il Canzoniere dei Canterini Romagnoli – terza edizione – A cura de “La Piè” 1960)
Raccolta e trascritta da Francesco Balilla Pratella
Gli Scariolanti
Canta caratteristica degli operai e braccianti delle pianure emiliano romagnole, occupati nei lavori di scavo e di trasporto di terra con l’utilizzo di “carriole” – da cui scariolanti – nei terreni di bonifica e nella costruzione e riparazione di argini per lo scolo delle acque a partire dal 1880. L’arruolamento degli scariolanti avveniva settimanalmente. I “caporali” suonavano un corno alla mezzanotte di domenica, era il segnale per mettersi in cammino verso gli argini insieme alla propria carriola. I ritardatari restavano senza lavoro per una settimana. La canta trasmette il ritmo pesante della vanga lasciando però, un piccolo spazio alla dolcezza “per un bacin d’amor”.
Raccolta e trascritta da Francesco Balilla Pratella
La vien da la montagna
“Basta una battuta, un invito e su quella e su quello il canto si leva e ne vibrano tutte le canne dell’organo”
( Il Canzoniere dei Canterini Romagnoli – terza edizione – A cura de “La Piè” 1960)
Canto popolare raccolto e rielaborato da Francesco Balilla Pratella
La Pimpinella
La canta prende il nome da un’erba selvatica di vivace sapore che, secondo un’antica credenza popolare è afrodisiaca. Trattandosi in questo caso di una dolce serenata, “pimpinela” corrisponde alla ragazza di nome “Peppinella” che fa innamorare perdutamente i ragazzi che cantano la bellezza del suo faccino e dei suoi occhietti.
Raccolta e trascritta da Francesco Balilla Pratella
Ninanana
Canta della tradizione romagnola elaborata per coro dal Maestro Francesco Balilla Pratella.
Le ninna nanne sono elementi importanti e ricorrenti nel folklore. Quello romagnolo non vuole essere da meno. La canta “Ninna Nanna” trasmette la tranquillità e la dolcezza, le fatiche e la protezione dell’amore di un genitore per il proprio figlio. Un rintocco lontano di campane aiuta a fare addormentare il bambino.
Raccolta e trascritta da Francesco Balilla Pratella
Canzoni popolari per coro a quattro o sei voci. Elaborate ed in parte ampliate presentano l’aspetto di una nuova canzone che dell’antenata ha conservato solo la trama melodica.
La Maje (La Maggiolata)
La canta racconta di una tradizione non ancora sparita in Romagna. Il primo maggio, prima che si alzi il sole, vengono messi rametti di spino bianco e di betulla nei campi perché la vite non soffra la rugiada. Con gli stessi rami dovranno essere adornati i davanzali delle finestre, per impedire alle formiche di entrare nelle case e danneggiare i granai. E’ una tradizione antichissima che risale al tempo dell’Imperatore Giustiniano, quando si ponevano i “rami di majo” alle porte per indicare amore.
Aldo Spallicci – Cesare Martuzzi
A Gramadora (La gramolatrice)
È il titolo di una delle “cante” più famose della Romagna. E’ un inno al lavoro e alla bellezza delle donne romagnole, intonato in modo scherzoso e allegro. L’amore trionfa in un letto dove le lenzuola di canapa bianca alleviano le fatiche dei contadini. Al lavoro della gramola, l’attrezzo che serviva per maciullare le fibre legnose della canapa, si alternavano soprattutto i giovani; era quindi una buona occasione per corteggiare le belle ragazze! Una mora dalle labbra rosse accetta la sfida. E’ pronta a menare le mani per frenare l’impeto aggressivo del suo corteggiatore, che le propone di “darle un bacio in cambio di uno schiaffo!”
Aldo Spallicci – Cesare Martuzzi (1912)
A Trebb (veglia invernale nelle stalle)
L’inverno, con le poche ore di luce da dedicare al lavoro, era l’unica stagione che permetteva ai contadini di scambiarsi visite di cortesia, che si svolgevano di sera al relativo caldo delle stalle. Fra i presenti c’era spesso un fabulatore che raccontava in modo misterioso e pittoresco storie vere o inventate. In questa canta descrive il terrore di un giovanotto, in teoria molto coraggioso, che si spaventa “a morte” incontrando un’ orribile strega ad un crocicchio; in una notte buia e senza stelle. Il narratore, Balen, interpreta le varie fasi della canta prima sdraiato, poi seduto e infine in piedi per raffigurare meglio la drammatica fuga senza sosta per miglia e miglia del protagonista Tirindel.
Aldo Spallicci – Cesare Martuzzi
Cun la prema stela (Con la prima stella)
Al tramonto, marito e moglie, si ritrovano dopo tanto tempo che non accadeva all’ingresso della strada che conduce all’aia della loro vecchia casa di campagna. E’ un incontro commovente con i ricordi, con la natura, con i luoghi che sono stati testimoni dei loro primi furtivi incontri d’amore. Questo dolce ritorno placa d’incanto l’amarezza della lontananza che sembrava essere eterna.
Aldo Spallicci – Cesare Martuzzi
Rumagnola (Romagnola)
La canta descrive il temperamento caparbio e orgoglioso della gente di Romagna. “Il carattere forte e “anarchico”- un niger fazulet tra col e spala – dei romagnoli permette loro di “tenere duro” anche nei momenti peggiori. Il ritornello della canta dice infatti: Vado per la mia strada, incontro alla mia guerra, se cado cado a terra – non è facile farmi cadere, e se cado vuole dire che dò una bella botta – zidenti a ch’i m’ tô sò -sono caduto e mi rialzo da solo, accidenti a chi tenta di aiutarmi!” (Cesare Grandi – presentatore e vice presidente del Gruppo Folkloristico dei Canterini e Danzerini Romagnoli “Turibio Baruzzi” di Imola) “Quasi un marcia ed un inno nello stesso tempo. E’ la Romagna che ha sempre un palpito per ogni causa santa.” ( Il Canzoniere dei Canterini Romagnoli – terza edizione – A cura de “La Piè” 1960)
Aldo Spallicci – Cesare Martuzzi
Premavera (Primavera)
La canta è dedicata alla stagione primaverile.”Un mazzo si rondini nell’aria nuova e l’alito delle erbe risorgono. Il mondo non è più quello di ieri.” ( Il Canzoniere dei Canterini Romagnoli – terza edizione – A cura de “La Piè” 1960)
Cesare Zavoli – Francesco Balilla Pratella
La piè (La piada)
“[…]un canto di nostalgia in mezzo alle trincee del Podgora nella guerra del ’15 e del ’16. La piada, il pane azimo dei romagnoli è levato come ostia consacrata per la comunione degli affetti e delle memorie. Il tovagliolo di bucato si svolge ed ecco l’omaggio della mamma al figlio soldato. E la Romagna vive nell’accorata rievocazione: Oh Dio, la piè!”
Aldo Spallicci – Francesco Balilla Pratella
La Chenta d’Jomla (La Canta di Imola)
La canta descrive Imola di un tempo, circondata da oltre cento orti. “Tutto è sorriso, tutto è invito a benedire dal verde della collina alla piana fresca di orti, fino alla bassa che si perde a vista d’occhi. Imola sua apparve così al poeta che la cantò e che sembra ripetere ??O Jomla meja?? di tra i cipressi del Piratello.” ( Il Canzoniere dei Canterini Romagnoli – terza edizione – A cura de “La Piè” 1960)
Gino Cerè – Francesco Balilla Pratella
Al Fugaren (Le focarine)
Nelle campagne romagnole c’era l’usanza (che si rifaceva a qualche rito pagano) di salutare la primavera accendendo dei fuochi all’aperto nell’ultima sera di Febbraio. Venivano usati prevalentemente le ramaglie di scarto della potatura. La bella stagione era annunciata dal vento profumato dei primi mandorli in fiore, che ravvivando i falò innalzava al cielo faville e fiamme, intorno alle quali danzavano i giovani in girotondo.
Aldo Spallicci – Francesco Balilla Pratella
La fasulera (La fagiolata)
Fino a poco tempo fa era ancora vivo, nelle campagne romagnole tra i ragazzi, il costume di spargere durante la notte semi di fagioli, di granturco e di fave davanti alla soglia della zitella La povera malcapitata aveva tentato per tutto il carnevale prodigandosi invano nei balli e nelle feste, di trovare marito senza ottenere nessun risultato. L’atto di spregio e di scherno alla ragazza dai piedi rossi è detto appunto “fagiolata” e deriva dal fatto che le galline quando invecchiano fanno le zampe rosse.
Aldo Spallicci – Francesco Balilla Pratella
E' car d'Silla (Il carro di Silla)
Lucio Cornelio Silla, fondatore di Imola (Forum Cornelii), appare in questo quadro fantastico che alterna uno sfrenato e spaventoso carosello notturno di neri cavalli che trascinano il suo carro sfavillante intorno al Monte Castellaccio, a momenti di dolci immagini dello stesso paesaggio, di gialla sabbiella pieno di pini e di fiori, mentre il fiume Santerno lì vicino mormora di una statua d’oro… S’è fatta l’alba e mentre tutto svanisce, si torna alla realtà col richiamo al boaro, il primo che si deve alzare, a preparare gli animali da tiro per l’imminente inizio del lavoro nei campi.
Gino Cerè – Turibio Baruzzi
A voj partì (Voglio partire)
Un improvviso desiderio di andarsene lontano in cerca di chissà cosa, può nascere in ognuno di noi. Questa canta descrive il conflitto interiore fra questo desiderio e la probabile nostalgia che ci prenderà lontano da casa. In primavera, col cuore leggero come una foglia portata dal vento, la zucca secca a tracolla con un po’ di vino per il viaggio e il sapore dell’ultimo bacio sulle labbra dell’amata, si va come sospesi tra terra e cielo con la sola compagnia dei rumori della natura che si risveglia. Poi quando finirà anche la piadina arriverà inarrestabile, il tormento della lontananza, ci ritroveremo seduti a rimpiangere la nostra Romagna.
Gino Cerè – Turibio Baruzzi
Sfujareia (La sfogliatura)
La canta parla della sfogliatura, la scartocciatura delle pannocchie del granoturco. Non è solo una festa di raccolto questa dell’aprire cartocci su granturco sull’aia ma una buona occasione per imbandire una buona tavola e per rinsaldare i vincoli d’amore. ( Il Canzoniere dei Canterini Romagnoli – terza edizione – A cura de “La Piè” 1960)
Giannetto Dongellini – Turibio Baruzzi
La mi fameja (La mia famiglia)
La canta parla della quiete e serenità della famiglia, come la semplicità di questo semplicissimo elemento della vita dell’uomo sia indispensabile. Con una straordinaria dolcezza e semplicità, tipiche della Romagna: una dolce notizia. Come nell’orazio “ille terrarum mihi praeter omnes / angulus ridet” fuori dal tumulto della vita. Dopo il lavoro del giorno la serena quiete in famiglia. ( Il Canzoniere dei Canterini Romagnoli – terza edizione – A cura de “La Piè” 1960)
Giannetto Dongellini – Turibio Baruzzi
Un passarott e canta (Un passerotto canta)
Il menestrello invita la bella a farsi al verone e, ghiottone, non vorrebbe fermarsi ad un bacio lui. ( Il Canzoniere dei Canterini Romagnoli – terza edizione – A cura de “La Piè” 1960)
Nettore Neri – Turibio Baruzzi
La settimana della bella donna
La donna della famiglia contadina, oltre ai propri lavori domestici, ne aveva assegnati degli altri più particolari, tra cui quello della filatura della canapa e del lino. Questa canta è uno scherzo musicale che si prende gioco di una bella donna, che cerca ogni scusa per non filare e quindi per non lavorare. Domani lavorerò, dice il lunedì la bella donna, ma ogni giorno della settimana c’è un disguido o una vicenda che le vieta di lavorare, perché le preme molto di più provvedere alla sua bellezza.
Versi popolari – Turibio Baruzzi
Ova Lova (Uva ghiotta)
La canta è una gustosa esaltazione delle proprietà dell’uva.
Nettore Neri – Turibio Baruzzi
La canta dla pulenta (La canta della polenta)
La canta della polenta è dedicata alla Sagra della polenta di Borgo Tossignano.
Luigi Orsini – Turibio Baruzzi
La canta dla nott (La canta della notte)
Sanzio Giustiniani – Turibio Baruzzi
L'è morta... (E' morta...)
E’ morta, canta dedicata alla morte di una bella ragazza.
Luigi Orsini – Turibio Baruzzi
Nadel Lunten (Natale lontano)
Giannetto Dongellini – Turibio Baruzzi
E ven la sera (E venne la sera)
La canta parla del rientro a casa dopo una lunga e faticosa giornata di lavoro.
Nettore Neri – Roberto Bianchini
E' grolla al turturen (Tubano le tortore)
La canta parla del ricordo della casa di campagna al ritorno della primavera.
Nettore Neri – Roberto Bianchini
E' prem amor (Il primo amore)
La canta partla del ricordo del tempo passato e degli amori di gioventù.
Ettore Ricci – Antonio Ricci
O vilan pera so chi boo (O contadino stimola quei buoi)
Nei campi oggi si sente solo il rumore monotono dei trattori, senz’anima. In passato, erano le fanciulle o le donne molto giovani che, inadeguate per altri lavori pesanti, con le loro voci incitavano i buoi durante la faticosa aratura. Questa è una canzone a dialogo tra il contadino che, in assenza della giovane moglie ammalata, rivolge messaggi d’amore alla sua bella e scambia nello steso tempo stornelli e battute scherzose con il vicino di campo.
Guido Montanari
In d’va vet o Mariuleina (Dove vai Mariolina)
Guido Montanari
La Giana (La Gianna)
La canta parla dell’incontro e promessa di nozze di due giovani innamorati.
Guido Montanari
Nuvembar (Novembre)
Canta dedicata all’autunno e al ricordo dei defunti.
Rino Cortesi – Guido Bianchi